Sito denuclearizzato

20.5.09

Dialogare ad occhi chiusi

Poco fa guidavo la mia moto per tornare a casa da lavoro.

E vedevo la spiaggia, la strada, la gente, il faro, il manubrio, gli specchietti, le manopole, le mie mani.

Già, le mie mani. E quelle di chi altro se no?

Perché vediamo sempre con i nostri occhi, e riempiamo almeno una parte del nostro campo visivo con noi stessi. Io e le mie mani. Io e le mie braccia. Ora sono seduto (disteso) sulla sedia davanti al monitor, e vedo parti di me e il mio pc. Io. Io e i miei piedi.

Io, mio, io, mio.

Sono bombardato da me stesso. Ogni istante è un susseguirsi di informazioni sensoriali... odori, colori, caldo, fresco, sole, ombra, suoni... e di input... rumori, voci, urla, culi, scritte, slogan, volti...

E tutto si rimesta dentro... infine sedimenta... e quando stai per rilassarti, ecco che un nuovo TIR di sensazioni è pronto a lanciartisi incontro a spietata velocità.

E tutto dentro di me diventa me... diventa Io... i miei pensieri... i miei desideri... Io, mio...

C'è troppo Io, troppo me. Mi distrae... mi distrae dal punto di vista degli altri, mi fornisce un'informazione drammaticamente sbagliata, che tutto vada rapportato a me che sento, vedo, odoro, provo...

Guardo un film e vedo il film e me che guardo il film... le mie gambe che scendono giù per il divano, come cascate di carne... il pavimento... Camilla che dorme... il mobile su cui c'è la tv... la tv...

E così non vale. Così è sempre Io che filtra. E il film diventa il mio film.

E sono un po' stanco di tutto questo me. Sono 36 anni che apro gli occhio e vedo Io... o mio... Non mi serve, ne so già fin troppo. Ce n'è abbastanza per restare intrappolati nell'assistere alla propria vita e farle assumere, in un delirio assolutistico, ora i tratti della commedia (quando non addirittura della farsa grottesca), ora i toni del dramma.

Io. La mia vita. La mia commedia. Il mio dramma.

Per questo da un po' mi capita di parlare con qualcuno ad occhi chiusi. Che sia di presenza o al telefono, mi trovo sempre più spesso ad ascoltare senza guardare nulla, ad immergermi nelle parole che sto ascoltando.

Di vedere, sentire, per una volta, l'altro. Di vedere con altri occhi, di odorare col un altro naso, di assaporare con un'altra lingua.

E vedo piatti da lavare, foto da incollare, vedo pianti in un giorno di festa, vedo bicchieri pieni di cocktail in un locale, come se aprendo gli occhi fossi lì, respirassi lì, mi muovessi lì... in un lì che non conosco ma che non per questo mi risulta meno vero.



20 Maggio 2009

11.5.09

Il colloquio di lavoro

Era pronto.


Aveva fatto training autogeno.


Nulla poteva fermarlo.


Aveva abdicato ai jeans in favore di un pantalone blu, non elegante ma di certo discretamente formale. Aveva rasato per la prima volta la barba con un rasoio, aveva tolto gli orecchini sotto i quali di solito portava le sue orecchie, aveva riesumato dall'armadio una camicia sobria, niente fantasie strane, scarpe di cuoio al posto delle snickers.


Era rimasto sobrio per tutto il weekend, non un goccio di vino o una sola boccata di erba.


Aveva studiato "Teorie e tecniche del colloquio".


Era pronto a qualsiasi domanda, si era preparato riguardo al lavoro in squadra, alla cooperazione, aveva dovuto farsi una idea di concetti come carriera e ambizione, che non gli erano mai venuti spontanei.


Arrivato l'orario dell'appuntamento si presentò, perfettamente puntuale, e fu introdotto nella stanza dell'esaminatore.


Muscoli sciolto, respiro rilassato, nulla sembrava essere diverso da come se l'era aspettato.


Ripassò al volo, in quei pochi attimi che ormai lo separavano dal colloquio, tutte le risposte rassicuranti che aveva immagazzinato, tutto il becerume rassicurante che l'esaminatore di un colloquio si aspetta di sentire da un candidato, le tecniche per ostentare sicurarezza, come il non toccare mai i propri capelli, il non assumere posture strane, il non rispondere a domande con delle domande... e si disse: "Non posso perdere".


- "Si accomodi, prego."

- "Grazie."

- "Prima di iniziare... volevo chiederle... Qual è il suo colore preferito?"

- "Il mio colore preferito?"

- "Sì."

- "Indaco."

- "Indaco?"

- "Indaco, sì."

- "..."

- "..."

- "Grazie. Le faremo sapere."

- "Arrivederci."




Perché puoi correre, ma non riuscirai mai a nasconderti davvero.




11 Maggio 2009