Sito denuclearizzato

11.5.09

Il colloquio di lavoro

Era pronto.


Aveva fatto training autogeno.


Nulla poteva fermarlo.


Aveva abdicato ai jeans in favore di un pantalone blu, non elegante ma di certo discretamente formale. Aveva rasato per la prima volta la barba con un rasoio, aveva tolto gli orecchini sotto i quali di solito portava le sue orecchie, aveva riesumato dall'armadio una camicia sobria, niente fantasie strane, scarpe di cuoio al posto delle snickers.


Era rimasto sobrio per tutto il weekend, non un goccio di vino o una sola boccata di erba.


Aveva studiato "Teorie e tecniche del colloquio".


Era pronto a qualsiasi domanda, si era preparato riguardo al lavoro in squadra, alla cooperazione, aveva dovuto farsi una idea di concetti come carriera e ambizione, che non gli erano mai venuti spontanei.


Arrivato l'orario dell'appuntamento si presentò, perfettamente puntuale, e fu introdotto nella stanza dell'esaminatore.


Muscoli sciolto, respiro rilassato, nulla sembrava essere diverso da come se l'era aspettato.


Ripassò al volo, in quei pochi attimi che ormai lo separavano dal colloquio, tutte le risposte rassicuranti che aveva immagazzinato, tutto il becerume rassicurante che l'esaminatore di un colloquio si aspetta di sentire da un candidato, le tecniche per ostentare sicurarezza, come il non toccare mai i propri capelli, il non assumere posture strane, il non rispondere a domande con delle domande... e si disse: "Non posso perdere".


- "Si accomodi, prego."

- "Grazie."

- "Prima di iniziare... volevo chiederle... Qual è il suo colore preferito?"

- "Il mio colore preferito?"

- "Sì."

- "Indaco."

- "Indaco?"

- "Indaco, sì."

- "..."

- "..."

- "Grazie. Le faremo sapere."

- "Arrivederci."




Perché puoi correre, ma non riuscirai mai a nasconderti davvero.




11 Maggio 2009

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